Io ti amo di più

Posso affermare di amare qualcuno più di quanto mi ama, solo se intendo l’amore come una merce che posso posizionare su una bilancia e vedere se il mio è più di quello degli altri, e comunque sempre a patto che io intenda l’amore come fosse un oggetto. In questa visione posso dire che “io ti amo di più”, in qualche modo accusando gli altri, che sia un amico, un genitore, il partner, un figlio, che non ci ama abbastanza, non almeno quanto noi lo amiamo. La cosa più stupida è verificare se questo è vero: cercare di quantificare l’amore andando in cerca di prove o dimostrazione che noi amiamo più degli altri, significa palesare una cosa molto semplice: non abbiamo capito nulla di cosa voglia dire amare.
Innanzi tutto dobbiamo aprire gli occhi e renderci conto che l’amore non è un oggetto, non si scambia con nulla, non possiamo pesarlo o compararlo con niente. L’amore è un modo di agire, un dono che facciamo agli altri e come tale non ha senso valutare se è abbastanza adeguato alle circostanze. Non solo, l’amore deve essere incondizionato, per essere amore, e se è tale, cioè se lo diamo gratuitamente, senza chiedere o aspettarci nulla, ecco che non ha alcun senso sostenere che amiamo di più noi rispetto agli altri.
Posso dire che io ti amo di più solo mentre sono cieco verso l’amore e non mi accorgo che così sto chiamando i miei bisogni e le mie paure. Se comincio a valutare chi ama di più in un rapporto, qualunque ne sia la natura, vuol dire che non è amore il mio, ma interesse. Se ho interesse per qualcosa che tu puoi darmi, anche l’amore che desidero, ecco che terrò il conto di quanto do e quanto ricevo e sarò sempre pronto a notare ogni volta che prendo meno di quanto dono. In questo modo non mi concentro sull’amore perché il mio unico interesse è il vantaggio personale che coincide con l’avere il più possibile e comunque almeno quanto penso di aver dato. Ma se conteggio il dare e il ricevere, di amore non ne ho mai elargito nemmeno una goccia.
In una relazione il “io ti ho dato di più” dimostra solo una cosa: al centro non c’è l’amore, anche se potrebbe sembrare proprio questo il motivo del rimprovero, ma l’egoismo. Se amiamo, se davvero diamo agli altri per il piacere di farlo, non prenderemo nemmeno lontanamente in considerazione l’idea di contare chi ha più e chi meno. La contabilità non può mai convivere con l’amore, questo è senza ombra di dubbio un fatto certo. Amiamo per il piacere di amare e se questo è vero, altrimenti non è amore, allora non ci interessa quanto riceviamo o se diamo troppo, perché è amare che ci dà tutto quello che ci serve. Il troppo, in amore, nemmeno esiste e anzi, se penso di amare troppo, probabilmente non sto amando affatto.
Io ti amo di più è la prova dell’egoismo personale e mai dell’incapacità degli altri di amare, ma della nostra. Imparare ad amare vuol dire anche comprendere la natura incommensurabile dell’amore, che per se stessa non può mai finire sul bilancino, né essere oggetto di conteggi e misurazioni di equità. Se qualcuno ti accusa di amare meno di lui, probabilmente, deve ancora cominciare ad amare, perché chi ama non si preoccupa del comportamento degli altri, è troppo libero per farlo, è troppo occupato ad amare, e vivere, per sprecare scioccamente il proprio tempo.
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