Carla, l’infermiera che era appena entrata, posò gli asciugamani nel mobile vicino alla finestra e sorridendo e strizzando l’occhio a Davide, usci dalla stanza richiudendo la porta. Cinzia posò la spugna nella bacinella e si alzò dalla sedia, diede un bacio sulla fronte di Maria e la salutò affettuosamente, invitando Davide a seguirla. Nel corridoio lui la seguiva sempre più perplesso, domandandosi se ne valesse la pena di fare tutto questo per una ragazza. Inoltre pensava a come sarebbe stato strano baciarla adesso che lei aveva messo le sue labbra sulla pelle rugosa e ammuffita della vecchia.
Cinzia lo condusse nell’atrio dalla casa di riposo e si sedette su una panchina all’ombra di un tiglio. “Allora, che te ne pare di Maria? Non è così dolce?”. “Dolce? Rinsecchita!” replicò lui cercando di essere simpatico. “Insomma, è bello quel che fai, però io non ci riuscirei mai, insomma, toccare queste persone che magari sono sporche e malate, puzzano anche delle volte, mi farebbe senso. Il nonno di mio padre era così, e da piccolo non andavo mai a trovarlo proprio per questo”. Cinzia lo osservava sorridente. “Insomma, lo so che diventerò vecchio anche io, ma sinceramente se devo vivere con una balia che mi cambi il pannolone, preferisco ammazzarmi prima, quando non sarò più autonomo”.
“Preferiresti morire?” gli chiese osservandolo con attenzione. “Si, perché essere un vegetale non è vivere, che razza di vita è se non puoi muoverti o divertirti e stai tutto il giorno inchiodato al letto. Meglio morto che in quello stato!”. “La vita è un dono, mica te la sei meritata, e se non rifiuti una camicia che non ti piace, se te la regalano per il tuo compleanno, come puoi pensare di rifiutare qualcosa come la vita, che sarà sempre il massimo che tu possa avere?”. “Che c’entra, non è un regalo una vita del genere, ma una condanna, e preferisco morire che subirla!”. “Maria è felice, tu lo sei?”. “Felice?”, rise con sarcasmo, “come può essere felice un catorcio del genere. L’hai vista? Non si può nemmeno lavare il viso, guardala meglio mentre la sciacqui, non si può muovere, dipende da altri, è inutile, non può fare nulla, come pensi che possa essere felice quella donna. Non è felice, è inutile!”.
“La conosco da quando è entrata in questa casa”, rispose con calma Cinzia, “e ti assicuro che è felice”.”Ogni mattina, appena sveglia, le piace che le aprano le tende, per vedere gli uccelli che volano fuori della finestra. Poi le piace cantare” il sorriso di Cinzia si fece enorme, “dovresti sentirla, ha una voce meravigliosa, anche se non riesce a stare molto bene seduta nel letto, e poi” continuò senza badare allo sguardo di Davide, “ama i fiori, le piace sentirne il profumo e ama il teatro. A volte mi racconta le opere che ha visto ,e di alcune ricorda ogni battuta. Sarebbe stata un’attrice meravigliosa, ne sono convinta. E sai una cosa?”. “Cosa?” chiese Davide poco convinto, “è bello stare con lei, ti mette di buon umore, non parla mai dei suo problemi di salute, se non la vedessi non indovineresti mai che non può più camminare.
Mi ha insegnato molto di quello che ho imparato sulla vita, mi ha insegnato che è bello tutto quello che impariamo ad osservare nel modo giusto. Lei è felice perché dice che non le manca nulla. Certo le piacerebbe camminare, ma mi spiega di quanto sia bello anche stare sdraiata, e di come questo le abbia permesso di avere tempo per riflettere, per osservare gli uccelli, per parlare con le persone. Mi ha insegnato ad amare come non sapevo. Ho capito che non c’è mai un buon motivo per disperarsi o essere tristi. Quando ho un problema, penso a lei e mi dico: se lei è capace di apprezzare la vita nelle sue condizioni, come posso lamentarmi io? E ricomincio a sorridere perché so che la vita è sempre meravigliosa, comunque!”.“Belle parole Cinzia, ma secondo me lei non è felice! Ti accompagno a casa?”, le chiese. “No, resterò qui, devo andare a trovare Luisa prima, le devo raccontare alcune cose, ma se vuoi tu puoi andartene”. “È una tua amica?” le chiese Davide. “Sì, sta nella stanza in fondo al corridoio” sorrise Cinzia, mentre Davide, salutandola frettolosamente, se ne andò via veloce. “Che razza di appuntamento!” pensò mentre si allontanava verso casa, liberato da una situazione che non riusciva più a sopportare.
La poca luce della luna illuminava la moquette vicino al tavolino e il suo sguardo fissava il gioco di ombre che i rami degli alberi, leggermente scossi dal vento notturno, producevano. Si voltò un istante sentendo il rumore di Marta che si girava nel letto, ma non si svegliò. Dormiva ancora profondamente, mentre Marco restava a riflettere. “Sei tutto per me”, ripeteva la sua mente. “Eppure questo non è vero”, pensava, “l’ho detto solo per paura che se la prendesse o che fraintendesse le mie intenzioni”, proseguiva nella sua mente mentre l’orologio segnava le due e un quarto.
“Se la lasciassi lei soffrirebbe e non sarebbe più felice, l’ho letto nel suo sguardo, ha avuto paura, forse, o non so cosa quando le ho fatto quelle domande. Che idiota! Che razza di cose le vado a dire. Dovrei essere felice di avere una persona come lei, mi ama e non sono capace di fare altro che chiederle se sarebbe felice senza di me!”. “Però”, proseguiva a rimuginare nella notte, “se la lascio e lei non è più felice, vuol dire che adesso è solo soddisfatta. Sta bene solo se le cose vanno come spera, come vuole, come… ”.