“… pretende”. Lo sguardo si posò sulla tazza di caffè ferma sul tavolo in vetro, la afferrò prendendone solo un sorso, ormai freddo, e la rimise dove era, esattamente nello stesso punto. “Io pretendo che lei mi ami, se mi tradisse, come quella donna che ho visto in villa? Starei male? Pretendo che lei sia fedele, e pretendo che faccia l’amore con me, e pretendo che mi abbracci quando sono stanco e pretendo che mi telefoni, e pretendo che si vesta in modo sexy quando usciamo insieme e pretendo che non voglia convivere, perché non mi sento pronto e…”. Passò una mano sugli occhi, ormai stanchi e assonnati. “…e se questo non accade mi arrabbio, soffro, rimango deluso. Insomma, voglio solo essere soddisfatto? E lei cosa farebbe se io non fossi come vuole, se non mi comportassi come pretende? Certo, soffrirebbe, ma poi andrebbe a cercare qualcun altro?”
Sospirò profondamente, passando le mani sul viso le portò, incrociandole, dietro la testa, osservò la luna dalla finestra e decise di andare a dormire. “Io vorrei solo essere felice”, rifletteva rientrando nel letto accanto a Marta e facendo attenzione che non si svegliasse, “vorrei solo essere felice, mentre adesso è come se ci fosse qualcosa che più non torna, un buco che qualche giorno fa non c’era”. Gli venne in mente cosa avrebbe potuto dire il guardiano della villa. “O non lo vedevo?”. Sospirò iniziando a girarsi né letto come se il sonno fosse scomparso all’improvviso. “Forse non lo vedevo, forse non lo vedevo ma c’era. Se no le parole dell’uomo, forse, non mi avrebbero fatto né caldo né freddo. Forse non lo vedevo, ma c’era… ”.
Le prime luci dell’alba cominciavano a far capolino dietro la finestra mentre Paolo osservava indeciso, confuso e pensieroso, la tazza davanti a sé. Il discorso della cena precedente non lo aveva fatto dormire, e la convinzione di Cinzia che il signor Magenta fosse davvero ben intenzionato nei suoi confronti ancora non lo convinceva pienamente. Ma lei aveva insistito tanto perché gli parlasse. “Prova a fidarti di lui”, gli aveva ripetuto più volte. Fiducia. Questa parola Paolo aveva cercato sempre di rimuoverla sin da quando era bambino.
Si ricordava di come sua madre lo mettesse continuamente in guardia: “Ricordati Paolo, non fidarti mai delle persone che non conosci, la maggior parte cercherà sempre di fregarti!”. E il padre, spesso, mentre era adolescente gli ricordava che “nessuno da niente per niente. Se ti fanno un favore non richiesto, sta pur certo che ti vogliono fregare, o che ci devono guadagnare qualcosa, altrimenti nessuno si cura di te!”. Aveva imparato a diffidare dei suoi compagni di scuola, specie dopo che il suo migliore amico gli aveva “rubato” la ragazza l’anno della maturità. E Paolo si era convinto che davvero fosse meglio non fidarsi e si era reso conto, lavorando al comune, che effettivamente la gente cerca sempre di fare i suoi interessi. Eppure Cinzia, sua figlia, viveva all’esatto opposto, certo, idealista e ingenua, troppo giovane ancora, poche esperienze che la rendessero più attenta.
Sapeva che andava quasi ogni giorno a trovare gli anziani per curarsi di loro, e anche se più volte aveva cercato di spiegarle che tanto era inutile, che non doveva perdere tanto tempo senza nemmeno essere pagata, che comunque non le avrebbero dato nulla di utile per la sua vita e che faceva meglio a dedicarsi allo studio, lei continuava con gioia. La vedeva studiare tanto e sfruttare il tempo libero più con quei vecchietti che non in centro con le sue amiche. Non capiva, a volte si provava e mettere nei suoi panni e si rendeva conto che, al suo posto, con i soldi che avevano rispetto a quando lui era giovane, avrebbe sicuramente preferito divertirsi. Però lei sembrava felice, lui no.
“Ancora non dormi?” gli chiese proprio Cinzia, entrando in camicia da notte nella cucina e interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Si avvicinò al padre, gli mise le mani intorno al collo per abbracciarlo e si sedette accanto, sulla sedia vicina. “Ora vado”, rispose Paolo, che si accorse, in quel momento, di quanto gli facesse piacere averla vicina. “Vengo, d’accordo” aggiunse mentre Il viso di Cinzia si apriva in un enorme sorriso, “Ci provo, so che è difficile, mi rendo conto che sono un rompiscatole, ma ci provo, ci voglio provare, provo a fidarmi anche io”, disse quasi incerto, mentre Cinzia era sorridente di fronte a lui. “Ora andiamo a dormire, che tra qualche ora ci andiamo insieme, ok?” le chiese per andarsi a coricare. “Certo!” rispose lei, chiudendo la luce della cucina, ormai parzialmente rischiarata dall’alba e tornando a dormire.