Sono sempre triste
F. Nietzsche
Conosco persone che, purtroppo per loro, sono sempre tristi, che vivono quasi in un perenne stato di sconforto, che osservano la vita scorrere sentendosi come spettatori, paganti, di uno spettacolo privo di piacevolezza o senso. Se penso che sono sempre triste, probabilmente, sento anche un profondo senso di vuoto che non comprendo, quasi mai, da cosa derivi. La tristezza, però, come ogni emozione, non è frutto del caso, e non dipende da eventi o situazioni negative: essa è una nostra scelta.
Se sono sempre triste è perché scelgo sempre di esserlo. Intendiamoci, non è che io scelga di esserlo consapevolmente, non lo faccio di proposito, ma sono pur sempre io a prendere questa decisione. Le emozioni, come scritto parlando dell’indipendenza emotiva, sono il frutto dei nostri pensieri: su quel che ci focalizziamo noi costruiamo la nostra vita emotiva. Se sono sempre triste, quindi, è semplicemente perché ho scelto di concentrarmi sulle cose che non ho e che vorrei, sui bisogni che non sento soddisfatti, sulle pretese che altri non rispettano, sulle ingiustizie della vita, sui torti subiti e per i quali nessuno ha pagato, sulle difficoltà che capitano sempre a me, sulla sfortuna che mi perseguita e così via.
Il dizionario definisce la tristezza come uno stato di depressione indotta da un particolare dolore o da una diffusa malinconia; ma anche sconforto, amarezza; e infine pure desolazione. Quando parla di dolore, ovviamente, non si riferisce tanto ad un malessere fisico quanto ad uno stato di sofferenza. Ebbene, sofferenza, malinconia, dolore, amarezza sono il frutto dei nostri pensieri. Soffro perché le cose non sono come vorrei e rifiuto questa situazione, provo amarezza perché una situazione si è rivelata meno positiva, per me, di quanto pensassi. Sono sempre triste, dunque, se sono sempre concentrato sulle cose che non vanno, se mi lascio condizionare dai lati apparentemente negativi e non so cogliere quelli positivi, se penso in modo egoista e rifiuto tutto quello che non mi soddisfa.
La tristezza, come ogni altra emozione negativa, ci lancia semplicemente un messaggio: qualcosa non va. Il punto è che questo qualcosa sta nella mia testa e non nel mondo. Se non comincio a cercare nel posto giusto, ossia tre le mie orecchie, non trovero mai una via d’uscita. Se pensi di essere sempre triste comincia a chiederti: “cosa faccio per esserlo?” e concentrati sulle cose a cui pensi e renditi conto che fino a quando pensi in negativo resterai triste. Non solo, dobbiamo anche imparare a lasciar cadere le pretese, a smettere di esigere dalla vita che tutto sia come piacerebbe a noi. Questa richiesta, se la formulassimo ad alta voce “voglio che tutto sia come pare a me!”, la troveremmo ridicola e assurda, e definiremmo illuso e pazzo chiunque la esponga: eppure è ciò che pensiamo tutti i giorni! Non serve dirlo apertamente, basta crederci.
Tra amare e non amare si gioca la partita. Amare vuol dire agire con comprensione, rispetto, perdono, fiducia, accettazione. Amare è apertura al mondo, eliminazione di ogni pretesa, disponibilità. Se sono sempre triste è perché non sto amando concretamente (non a parole…) e sto concentrandomi solo su me stesso. L’egoismo è il compagno fedele della tristezza. Se scegliamo di amare, cioè di dare senza pretendere nulla, a noi stessi e agli altri, la tristezza si scioglie come neve al sole. Ricordalo, sei triste perché lo scegli tu, inizia a cambiare le tue scelte e non sarai più triste.
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