Alcune foto mi hanno fatto riflettere: si tratta di immagini di adolescenti, giovani ragazze di quattordici o quindici anni, in costume e tacchi altri, pronte a sfidarsi per diventar miss qualche cosa, mettendo in pasto agli altri il loro corpo, la loro freschezza e la loro bellezza. È vero, fossero ventenni la cosa farebbe molto meno pensare, ma in verità il principio di fondo cambia davvero poco.
“Voglio essere perfetta” sembra lo slogan che echeggia nella mente di quante ripongono moltissime aspettative nel giudizio degli altri. Partendo dall’idea del concorso di bellezza è evidente che essere perfetta significa apparire come piace agli altri. Ho scritto che siamo perfetti riferendomi alla meraviglia dell’essere umano, dotato senza distinzioni di un immenso potenziale d’amore. Ma la perfezione a cui riferisco queste foto, e molti comportamenti, è una perfezione fittizia, data dall’omologazione ad un modello che altri hanno scelto.
Alla fine molte giovani donne, e non solo, possono dire di essere perfette se sono belle come la moda vuole, se sono corteggiate e desiderate (troppo spesso come corpi e oggetti di piacere che non come persone), se sono buone madri o amanti, ottime moglie e molto altro. Pensare alla perfezione come alla perfetta corrispondenza con un modello culturale, è autodistruttivo. Senza scomodare l’autostima che ne soffre, è la vita stessa che perde valore.
Quando una giovane pensa “voglio essere perfetta” si impegna ad essere come piace agli altri, a diventare quel che loro vogliono che sia, impiegando tempo ed energie per apparire e non per essere, per venire apprezzata, adulata, purtroppo semplicemente usata, piuttosto che essere e dare amore. Questa perfezione presunta è una delle peggiori piaghe sociali e culturali, perché diventa una droga difficile da eliminare, una dipendenza che ci fa pensare a noi come persone che valiamo nella misura in cui “siamo perfetti” così come gli altri si aspettano.
Questo vuol dire sono contrario ai concorsi di bellezza? No, dico solo che sono inutili e umilianti per chi partecipa. Stabilire chi è più bella, come a dire che la bellezza sia un dato oggettivo (mentre la bellezza, come diceva Emerson, sta negli occhi di chi guarda), è ridicolo. Inoltre è la fiera delle vanità, uno spazio in cui quel che conta è sembrare, mostrarsi, appagare gli altri. Amore ne troviamo in gocce se il centro lo poniamo sull’apparenza e la superficialità.
Quel che mi spiace di più, ovviamente, è che le protagoniste non si accorgono di essere bambole su un palco, di non essere rispettate o comprese per chi sono, ma per la loro forma. Desolante, purtroppo. Prima smetteremo di dare così tanto peso all’aspetto fisico, prima potremo ricominciare a concentrarci su quel che conta, che non sono i seni, i sederi o i pettorali scolpiti, né gli occhi verdi o i capelli lisci, ma le emozioni, il cuore, le cose in cui crediamo.
“Voglio essere perfetta” dovrebbe significare, semplicemente, voglio imparare ad amare, nient’altro, perché questa è la perfezione umana, non una meta da altro mondo, ma un modo di vivere per il quale siamo nati.